Della / Navigazione / e del / Commercio / Considerazioni Politiche / di / Tobia Pallavicino / del Q. Fabrizio / Dedicate / Al Serenissimo / Alessandro / Spinola / Doge della Serenissima Republica / Di Genova
In Genova, MDCLVI
Nella Stamperia di Benedetto Guasco
l’imprimatur è del 24 gennaio 1656
Sommario
[I n. n. r] Serenissimo Signore.
Avendo io per isperienza conosciuto, che il commercio è negli stati, come lo spirito ne’ corpi, cioè, che senza quello può dirsi, che la civile società sia un corpo senza anima, mi sono risoluto di fare alcune parole d’una materia così necessaria alla commune salvezza. E perche io so quanto vostra Serenità [sic] con gli effetti in vigili alla conservazione di questo Stato, e colle prudenti deliberazioni ne ricerchi l’accrescimento, mi è paruto convenevole [I n. n. v] di far comparire questa mia piccola fatica, con la grandezza del vostro serenissimo nome, sicuro, che chi con tanto studio s’affatica per la salute, et avanzamento della Repubblica, debba gradire un’opera, il soggetto della quale tutto che rozzamente dettato non serve ad altro che per mantenere, et accrescere la stessa; Col che a vostra Serenità faccio umilissima riverenza.
Di vostra. Serenità
Divotissimo et ossequiosissimo servo, e nipote
Tobia Pallavicino del q. Fabrizio
[1] Utilità, e fine naturale della navigazione, e del commercio.
Considerazione prima
Prendendo a trattare dell’eccellenza, et utilità del commercio, bisogna primieramente supponere con Aristotele, che’l nome di mercadante, e mercadanzia, generalmente considerato, comprende sotto di se tre specie di commercio, cioè la navigazione, il trasporto per terra, ed il cambio; questa ultima specie non è così commune; la seconda è del tutto meccanica, e non poco difficile; la prima per esser più onorevole, e più facile porta, come per eccellenza, il nome di commercio, o mercadanzia. Così ella [2] viene volgarmente chiamata il traffico, o sia negozio, tanto per distinguerla dall’altre due specie, che sono, per ordinario, in luoghi particolari ristrette, quanto perche si stende per tutti i luoghi del mondo, dove si può col mezzo della navigazione trafficare. Et essendo vero, ch’l commercio s’esercita, se non totalmente, almeno principalmente, per mezo della navigazione, noi dobbiam considerare l’una cosa all’altra congiunta, che vengono a formare la mercadanzia, ond’è che volendo conoscere la dignità, ed eccellenza del commercio, e per la sua istituzione, e per lo suo fine, dobbiamo similmente considerare l’instituzione, e fine della navigazione. Salomone il Savio considerando l’opere del signor Dio, e di quelle facendo un’ampla di numerazione, fra le maggiori pon questa, ch’abbia inspirato all’umano ardimento, che d’una fragil tavola sappia fabbricare naviglio da conservarsi nelle tempeste, provedendo bisogni del vivere; né si con[3]tenta il savio re meravigliarsene nel primo cap. della sapienza; ma di nuovo riflettendovi nel cap. 10 dello stesso libro ammira l’ardimento di colui, che sovra d’un fragil pino si fidò alle vaste distese del mare, e gli diè l’animo su l’ondoso sentiere aprirsi la strada alla gloria; soggiungendo, che se bene la strema brama delle richezze avesse potuto inspirar cotal desio ne’ cuori, nientedimeno Iddio n’è stato il veritiere autore, essendo più che certo, che si come ha dato all’huomo una tale inclinazione, così nel mare ha le vie disposte, accioché ella si possa mettere in opra; e sotto della di lui direzione intraprendono gli uomini di dover condurre i loro navigli per l’inivisibili vie di cotesto elemento, portandosi a dispetto de’ venti, e delle tempeste dove da pria s’incaminarono. Ma questo discorso del Savio contiene due importanti verità, le quali fanno non poco al nostro proposito. La prima che né il Rè Minos, o gli Abitatori di Creta, come ha vantato l’an[4]tichità; né Danao, o Nettuno, come dice Plinio, furono i primi autori dela navigazione, e del Commercio. Eglino in questo furono discepoli del Patriarca Noè, che pria d’ognuno in strutto da Dio a cotal opra accinsesi; E se si dice, che da Giasone sono statin inventati i vascelli, da Damaste le galee, da Icaro le vele, da Dedalo l’antenne, da Tirij l’ancora, da Tifi il maneggio de’ remi, ed il timone; non perciò lascerà d’esser, che la prima invenzione non sia stata dalla Divina sapienza communicata a Noè, e alla sua posterità. Lo spirito di Dio, che per fino al principio del mondo, come dice il Sacro testo Ferebatur super aquas ha voluto produrre in questo elemento un’effetto del suo sapere, accioche contribuendo per questa via all’umana utilità, sia, per dir così, più lodabile, e glorioso nelle sue meraviglie; e questa è la ragione, per la quale il Profeta David nel salmo 106 favellando dell’opere meravigliose d’Iddio dice Qui descendunt mare in navibus, facientes operationem in aquis mul[5]tis, ipsi viderunt opera Domini, et mirabilia eius in profundo.
E non è forse egli gran meraviglia, come dice l’Apostolo S. Giacomo nella sua Canonica, il vedere un naviglio di smisurata grandezza simile più tosto ad una Città nella moltitudine de’ passaggieri, che ad un mobil vascello, qua, e la portato dal vento, e dall’industria d’un picciol timone, da per tutto aggirarsi alla volontà del Piloto? Ella è meraviglia, per vero dire, così grande, che’l Savio Rè Salomone pone fra le cose difficili da comprendersi all’umano giudicio, la via di questo nel mezo dell’onde. E dunque la navigazione una delle opere meravigliose, che si è degnata S. S. M. di voler fare a commune beneficio umano, per la quale dobbiamo incessantemente porgergliene d’una ben grande riconoscenza i voti; ammirando la sua eterna sapienza. L’altra verità che io raccolgo dalle parole del Savio si è, che Dio mischiando con la nostra utilità la sua gloria col mezo della navigazione, ci [6] ha data la più facile, e propria maniera, che desiderar si potesse, per istabilire fra i popoli della terra una perfetta, ed universale società, essendo che gliene vengono trè beni, i più importanti, ed i migliori. Il primo la civiltà del costume; il secondo la communicazione dell’arti, e delle scienze; ed il terzo il trasporto delle mercadanzie, per servire alle necessità di ciascheduno paese, come vogliamo dimostrare. Per quello, che risguarda il primo effetto della navigazione, qual è la miglioria del costume, non crederei far ingiuria alla nostra natura, dicendo, che se bene Iddio grandissimo autore d’ogni essere, ha dotato l’huomo nel primo istante della sua creazione d’un’anima spirituale nella sua natura, perfetta, e compita nella sostanza, nientedimeno nel nascere al mondo, assembriamo, quasi che dissi dell’orsa i parti, i quali altro non sono, che una massa informe, senz’alcuna distribuzione di membra, sensi, ed organi alla natura loro convenienti, insino a che essa non li ha [7] con la sua lingua data la forma, e la figura di loro specie. Gli uomini rimangono in cotal imperfezione ne’ primi anni di loro età, allora quando gli organi non sono così ben disposti, per la perfetta produzione delle umane azioni; e se bene nel corso dell’età si vedono perfezionar nelle qualità di loro natura, ad ogni modo anno delle abituazioni così contrarie, e si da tale stato lontane, che Seneca ha osato dire ritrovarsi ben spesso più differenza fra l’uomo, e l’uomo, che fra l’uomo, e le bestie. L’aria, ed il clima dpve s’anno i natali non poco contribuiscono a cotale effetto, essendo che gli abitatori delle foreste, e de i deserti non possono lasciare d’avere una vita selvaggia; e senza dubbio molte nazioni state sarebbero nella stranezza di loro natali, quando loro non avesse la Divina misericordia posta una necessaria obbligazione di trattar l’una con l’altra, facendo, che per la via del negozio a poco a poco gli uomini selvaggi alla ragione si riducessero, e da [8] questa alla civiltà, ed alla regola della vita civile; e senza riandare il corso de’ secoli passati, noi vediamo a nostri giorni ingentiliti i selvaggi Abitatori del Brasile, della Florida, della Virginia, e della Canada, e cotante, e così varie nazioni Meridionali, e Settentrionali, solo per mezo del Commercio, e della navigazione; Di modo, che se il Prencipe de’ Filosofi ha avuto ragione di dire, che l’uomo è un’animal sociabile, possiam noi con ragione aggiungervi, che questa naturale società non può meglio trattenersi, e stabilirsi, che co’l Commercio, e navigazione, senza la quale un picciol tratto di mare ci avrebbe separati dall’altre nazioni del mondo, lasciando vivere cadauno nella naturale ferocia; simili, quasi che dissi, a Timone il Misantropo, il quale contro la natura, e la ragione fuggiva l’umana conversazione, portando una immortale antipatia contro quegli della sua specie. E per lo vero dire riesce il Commercio nientemeno necessario alla comunicazione delle scien[9]ze, e della arti; Ha ciascheduno Clima le proprie naturali influenze, le quali communicano diverse qualità, nascendo da queste diversi talenti, e per conseguenza diverse sorti di scienze, ed industrie fra gli uomini, essendo gli uni proprij alla Filosofia, gli altri alle meccaniche, chi ad un’arte, e chi ad un’altra inclinati, avendo l’autore della natura distribuiti inegualmente i suoi doni, ed i suoi talenti, per render l’huomo all’altro huomo necessario per l’obligo della communicazione.
Or senza il commercio, e la navigazione, ciascheduna scienza sarebbe stata racchiusa in un paese, e le arti incognite state sarebbono, e così la maggior parte de gli uomini privi resterebbero delle cognizioni di quegli esercizij, che ci sono di tanto profitto, e consolazione; e questa si fù la cagione, al parere di Plutarco, che Licurgo, insigne legislatore de’ Lacedemoni, s’applicò nella sua giovinezza al negozio, non per inclinazione, ch’egli si avesse al guadagno, o ricchezze, ma per [10] iscoprire per tal via le cose, che a lui erano ignote, apprendendo per lo commercio, e conversazione de gli uomini quello, che necessario credeva alla sua perfezione. E Platone ancora si diede al commercio, per aver occasione di passare in Egitto, dove da quei Filosofi prese la maniera di quella filosofia, che gli ha meritamente dato di Divino il nome. Di modo che, se al parere d’un Gentile l’uomo è nato per l’uomo, e conforme il sentimento del Savio, Iddio ha impresso in ciascheduno la vicendevole inclinazione, non possiamo meglio compire il nostro obligo, che per la communicazione, o commercio [nel testo: commercio]: E per fine ciò che riguarda il terzo capo della fine del commercio, quale è il trasporto delle mercadanzie, vedesi chiaramente, che Dio ha dato a gli uomini questo esercizio, per trattenere l’umana società, accioche se l’Amore, ed il desiderio delle ricchezze non fosse un’assai forte legame, per rattener li uomini in buona corrispondenza, i bisogni della vi[11]ta ve gli obligassero. E per la stessa ragione, che le influenze de’ Pianeti, e le rugiade del Cielo necessarie alla produzione de’ frutti della terra, sono inegualmente communicate a diverse parti del mondo, vedendosi abbondar l’una, dove l’altra è manchevole, possedendo ciascheduna parte qualche cosa, che all’altra la rende utile, e necessaria; ed essendo l’interesse il più sensibile alla nostra natura, così riesce il più principale oggetto da stabilire, e trattenerne il Commercio fra gli uomini. Ma la navigazione accresce un meraviglioso vantaggio a questo, perche oltre esservi infiniti paesi, e terre, dove non si può andare, chè per la navigazione, ne cavarne mercadanzie, solo chè per vascelli, difficile almeno, per non dire impossibile, riuscirebbe l’essercitare il traffico ne’ luoghi stessi, dove non si può arrivare per terra, se non ci avvalessimo della navigazione, a cagione che la condotta per cavalli, e carrette è più costosa, e di meno profitto; per che è chiaro, che un vascello di 300 salme [12] porterà più gran peso, che portar non potrebbeno due mila cavalli, perche tal vascello porterà più di 600.mila libre di peso, che un cavallo a mala pena può portarne ducento; in oltre il vascello porta la sua provigione, dove per la condotta, e marchia di due mila Cavalli vi vorrebbe un grandissimo treno di tutte le cose necessarie per tale marchia. Ed ecco il principale motivo consistente nelle prime obligazioni, che si deono gli uomini gli uni a gli altri, constituendo la prima, e più stretta obligazione d’abbracciare, con ogni applicazione, il commercio, e la navigazione. Or s’appartiene a niuna nazione, ciò deesi alla Genovese, i di cui ingegni (mi si conceda tal affetto verso la patria) possedono finezza tale, che le buone arti possonosi con ragione dire introdotte nel mondo per opra de’ Genovesi, i quali qua, e la divagando, con la sottigliezza della loro speculazione, hanno cotante cose ritrovate, o le ritrovate da gli altri abbellite; Ma se si dicesse non doversi [13] perciò tutti impiegare alla navigazione, ed al commercio, risponderò due esser le ragioni, che me lo fanno parere necessario, l’una quello che dalla varia diversità de’ paesi puossi apprendere a proprio utile; l’altra che la generosità ci obliga a dover communicare a gli altri quello che può giovargli alla perfezzione di lor natura; massime che secondo la vangelica dottrina, egli è più vantaggioso il dare, che il ricevere, dovendo esserci di ben grande sodisfazzione il contribuire all’instruzione de popoli barbari, ed incolti.
[14] Che il commercio e la navigazione sono uno de’ migliori mezi per la propagazione della Fede Catolica.
Considerazione seconda.
Il Sacro Testo del Vangelo ci dimostra, che essendosi incarnato il Verbo, per fondare in terra la Chiesa santa, cominciò a progettarne le fondamenta sù le rive del mare, prendendo per li primi operarij poveri pescatori, che poste in abbandono le reti, e la pescaggione, ben tosto trombe dello Spirito santo divennero, anzi è stato egli così dell’acque parziale, che la maggior parte delle sue opere in quelle si è compiaciuto di fare, ora formandosi d’una barca catedra per annunciar le catoliche veritadi al popolo, ora servendo per riposare come nella propria abitazione, ora di Trono di maestà, per comandare a gli elementi, facendo spicca[15]re la sua Divina onnipotenza, ed in fine per traghettarsi or quinci or quindi ad isvelare della nostra salute i misteri. Or io, secondo le vere massime della filosofia, così discorro. Se le cose deono esser conservate per gli stessi principij, che le anno dato l’essere, necessaria conclusione riesce il dire, che per conservare, ed aumentare la fede di Cristo, altra via migliore non può ritrovarsi della navigazione, o del Commercio. E per vero dire in questo la Divina providenza dimostra la sua infinita sapienza, e bontà, perche si come il Commercio spirituale, e temporale anno fra di loro non poca simboleità, ell’ha voluto unire l’industrie dell’uno, e dell’altro insieme, facendo, che i viaggi intrapresi da’ mercadanti, per occasione de’ loro traffichi, servano di condotta a coloro, i quali vogliono acquistar anime a Dio, ed ampliare l’Impero a Gesu Cristo. Ne lontano da questo senso par che ce lo abbia voluto insinuare il Salvatore nella parabola registrata in S. Luca cap. 19. Dove [16] sotto la figura d’un Prencipe, qual andava alla conquista di nuove terre, dice, che il detto diede a suoi servitori diece talenti, ordinandogli di negoziarli fino al suo ritorno, per dimostrar a noi, che l’occupazione del traffico è il principale esercizio, che ricerca da i suoi servi in questo mondo, simbolo veritiere del traffico celeste, qual sommariamente consiste nell’acquisto dell’anime, le quali ha voluto egli stesso venir a cercare, comprandole col prezioso prezzo del suo sangue Divino. E per la stessa ragione dice in S. Matteo cap. 23 che’l Regno de’ Cieli è simile ad un buono, e savio mercadante, il quale ritrovata una preziosa perla, vende ogni suo avere, per impiegarlo in così bella gioia. Gli Apostoli, ed i Religiosi sono per lo vero dire que’ mercadanti a quali Dio ha particolarmente compartito le sue grazie, ed i suoi talenti, da impiegarsi in così fatti negozij; Reputano questi la salute dell’anime, qual la più preziosa cosa del mondo, e così abbandonando [17] ogni propria commodità, pongonsi in cimento d’ogni tempesta, per ravviare i forviati dalla via del Signore; Gli ha questo zelo ben spesso fatti travestir diversi abiti, e prendere di mercadanti il nome, come più facile stratagema alla conversion de’ Popoli, et in ciò parmi, che passi fra Religiosi, e mercadanti una simile convenzione a quella, che si descrive aggiustata fra’l Rè di Sodoma, ed il Patriarca Abramo, perche dicesi nella sacra scrittura, che’l Rè lasciava al Patriarca tutte le spoglie dell’inimico, altro non domandando della sua vittoria in prezzo, che l’anime ritenute prigioni nella carcere de’ sensi. E così mentre i mercadanti travagliano all’acquisto de’ beni temporali, i Religiosi s’impiegano alla conquista dell’anime, contentandosi di poterle instruire nella Santa fede, e nelle altre cristiane virtù, ben felici reputandosi in addittar loro la via della salute.
Ma se cotesta verità avesse d’uopo di prove, sovvengaci che il traffico de gl’Isma[18]eliti fù cagione della fortuna del Patriarca Giuseppe, essendosi servito Iddio degli mercadanti, acciocche i suoi fratelli non l’uccidessero, per cavarne poi quel meraviglioso frutto, che nel sacro testo si legge. Giona avendo avuto ordine da Iddio d’andar a predicare la penitenza a’ Niniviti, imbarcossi per ischivar tale incombenza, con certi Mercadanti, quali andavano in Tarso; Iddio al quale niente può resistere, si servì della sua nave, per più obligarvelo, e degli stessi marinari, per gettarlo nel mare, dove egli avea preparato un vascello vivo, ad effetto di colà trasferirlo, per convertire i Niniviti; Né per altra maniera, che per quella del traffico anno gli Apostoli viaggiato il mondo, ad annunciar il vangelo alle nazioni della terra; che perciò S. Paolo di niente più si vanta, che de’ perigli, e de’ naufragij, a quali si espose, navigando, per cagione della sua evangelica missione, essendogli convenuto viaggiare per mare a Salamina, Panfilia, Antiochia di Si[19]ria, e di là in Troade per l’Isola di Samotrace, per andar in Macedonia, e poi in Corinto, ed Atena, ritornando in Gerusaleme, onde uscendo di nuovo, fece un altro viaggio in Grecia, e riveggendo Troade, scorse l’Isole di Lesbo, Scio, Samo, Rhodi, et avanzandosi a Tiro, volse poscia vedr Tolemaida, Cesarea Cipro, Licia, Natolia, Creta, Malta, Sicilia, e per ultimo Italia, illuminando per questa via con gli splendori di sua dottrina così gran parte del mondo. Ma per non ingaggiarsi in infinità d’essempij, i quali troppo allongarebbono la prefissa brevità di queste considerazioni, riflettiamo solo in quello, che successe nella fine del secolo passato, considerando quello, che si fa nel nostro, per la conversion di cotanti Popoli Idolatri, perche in vero, quale via stata vi sarebbe da far rifiorire la fede nell’Indie Orientali, dopo, che rimase poco meno ch’estinto il lume da gli Apostoli portatovi, e trasfretarla [sic!] nell’Occidentali, se i Religiosi trovato non avessero navi [20]gli per andarvi; ond’è, che per queste vie il Giapone, Brasile, la Canada, e la Guinea sono in gran parte nel grembo di S. Chiesa gloriosa adesso, che per tuttto [sic] le Regioni del mondo, glorificasi del vero Culto l’uso sacrosanto. Queste verità considerate sono, senza dubio, potenti, ed efficaci, ad animare ogni cuore allo stabilimento del traffico, e della navigazione; perche si come nella nostra Città, la Iddio mercè, dopo che da gli Apostoli vi fù piantata la fede mai più non vacillò, così noi più d’ogn’altri siamo obligati a travagliar, per l’accrescimento di quella, ed essendo, come chiaramente si è provato, la miglior via, per conseguire tal fine, il traffico; da noi devesi dunque con ogni possibil premura avantaggiare, si per l publica utilità, come per la gloria d’Iddio. Il Santo Rè Luigi ben conobbe quando ad accrescer la gloria di Dio fosse giovevole la navigazione, che perciò nel suo secondo viaggio di là dal mare, instituì un ordine di Cavaleria chia[21]mato dal naviglio, dando con questo a divedere quanto, per l’amplificazione della Religione, fosse d’uopo il navigare, ed il traffico maritimo; e chi sa che il Santo Rè non avesse per aventura avuto mira allo emblema che lo Spirito santo diede alla Donna forte, cioè doversi da una persona coraggiosa intraprendere cose difficili, per la gloria Divina? Ma se l’esempio d’un Rè Santo, e così ardente nell’amplificazione della fede, non movesse a bastanza, almeno ci porti la vergogna su la fronte, che ci rendiamo degni di quei rimproveri, che fa Cristo Signor nostro nel Vangelo, dicendo, Che i figliuoli delle tenebre sono più saggi di quei della luce; Perche pur troppo è noto, che gli Inglesi, ed Olandesi (sofferiscano, che ben gli si si deve questo titolo a cagione della loro eresia) per una savia politica, fanno, che la navigazione, ed il Commercio vaglia pur anco ad introdurre né paesi, dove trafficano, i loro scom[22]municati dogmi, piantando ne’ paesi stranieri gli errori di loro falsa credenza, conducendo intiere colonie d’abitanti, nelle vaste distese de gli Occidentali paesi; onde per questa via l’eresia, che nella Francia, e nella Germania non poco in questi ultimi tempi era sbattuta, più che mai vigorosa getta le radici nel nuovo mondo; colà con nostra vergogna, fermando, et abbarbicando suo Impero, sicura che dà Catolici tralasciandosi le navigazioni, ed i Commercij non andrannovi a discacciarla gli Apostolici successori.
[23] Essere il commercio, e la navigazione necessarie al mantenimento, e prosperità de gli Stati.
Considerazione terza.
La Sapienza Divina ci obliga a confessare, che per la sua Santissima grazia anno i Rè sovra de’ popoli il Dominio, ricevendo dal sovrano Monarca i più floridi stati loro con vantaggi, e dalla sua santa mano le benedizioni, e le prosperità. Ma bisogna ancora riconoscere, che vi sono certe necessarie disposizioni dalla parte de gli uomini sopra delle quali fabrica ben spesso Iddio le grandezze degli Imperi. La religione, la giustitia, e la concordia sono le fondamenta della felicità de gli Stati; ma le ricchezze, le forze, e la moltitudine de’ popoli impiegati ne formano la grandezza, e la possanza. Le trè prime più dipendono dalla gra[24]zia d’Iddio, e dalla virtù de gli huomini, chè dalle forze naturali; ma come è certo che le trè ultime dall’industria dipendono, e dalla buona politica delle Republiche, evidentemente ne seguita, che la navigazione, ed il Commercio sono le vie migliori, per conseguirle. Perche per quello, che importano le ricchezze possiam dire con l’Imperatore Vespasiano, ch’elleno sono l’anima del corpo Politico dello Stato, ed i nervi con esso i quali sostengonsi l’altre parti. In que’ felici tempi ne’ quali era ancora qualche memoria dello stato d’innocenza de’ nostri primi Genitori, ciascheduno si contentava de’ frutti della terra, assai ricco stimandosi, ed assai felice, avendo di chè sodisfare alle necessità del vivere, non curandosi della superfluità, od abbondanza del vitto; ma essendosi moltiplicati i Popoli, e stabilite le Monarchie, col porsi distinzione nelle persone, essendovi superiori, ed inferiori, è stato d’uopo ancora, che la divisione delle cose, ineguale pur anco fosse [25] cercando ognuno lo stabilimento di sua condizione nell’abbondanza de’ beni, o nelle commodità della terra. Or cotesta inegualità ha necessitato il Commercio fra gli uomini, essendosi ciascheduno in obligo di communicar alla necessità del compagno quanto ha di superfluo. Questo ne’ trapassati secoli non si faceva, che per una semplice permutazione di frutti, o merci, fossero di qual si voglia maniera, insino che si ritrovò con utile, e commodità indicibile de i Popoli, l’uso che tuttavia continova, dell’oro, e dell’argento, o di altro metallo, che coniato con la publica autorità divenne prezzo universale. Ond’ebbe a dire Aristotele, che la moneta era la misura d’ogni cosa, mentre per la varia diminuzione, o addizione di essa, si può egualare il giusto, ed intrinseco valor loro. Diciamo dunque, che l’argento, e l’oro è divenuto utile, e necessario a popoli, non solo per questa egualità, o proporzione de’ frutti del[26]la terra con essi, ma perche sono la misura ancora dell’onore, della gloria, della grandezza, e della potenza, e non solo ciò nella fortuna particolare degli uomini, ma degli Stati, e Regni; perche se di questi metalli sono abbondanti, non gli mancano forze da pareggiarsi con gli altri. Non è l’ubbidienza dovuta da’ sudditi al loro sovrano, così generale, nè così pronta, che per entro a Popoli non vi si trovino degli spiriti torbidi, e ritrosi al loro comandamento; ma se gli redditi sono sicuri, e la destra del Prencipe aperta alla liberalità, eccovi avverato il detto, Che al denaro ubbidisce ogni cosa; Si trovano spesso fortezze munite così bene, che del tutto sono impenetrabili alla forza, ma sicura ne riesce la conquista delle medesime, se la batteria si fa con l’oro. Il ferro serve communemente alla difesa de gli Imperi, l’oro è ben più forte, e così lo dimostrano i Poeti nella favola di Giove, e Danae. Aristotele stesso [27] vuole, che la virtù (la qual è il più ricco, ed il migliore ornamento della vita umana) cavi dall’argento i principali moti d’ogni sua operazione; ed avvegna che il Poeta altamente sgridi, contro di chi fù il primo ad aprire le viscere della terra, per cavarne l’oro, e l’argento, che la natura nascosto vi avea per ponerceli sotto a piedi, gli uomini, nientedimeno non lasciano di amarli, e di cercarli, con ogni più incredibile fatica, stimando ognuno, che la ricchezza loro faccia in gran parte la felicità de gli uomini sulla terra, che perciò i Savij Politici anno sempre studiato le maniere da congregarne, riputandolo l’unica conservazione, e prosperità degli Stati. Ma fra tutte le maniere onde i Popoli, che non anno miniera d’oro, e d’argento ne’ loro paesi, possano cavarne a bastanza dall’altrui, il Commercio, e la navigazione sono le prime, e più vantaggiose. Per ben comprendere cotesta verità bisogna supporre, che’l Commercio s’esserciti o dentro, o fuori, cioè a dire, o [28] fra gli Abitanti, o con le nazioni straniere. Di queste due sorti di Commercio, l’uno è minore, e più ristretto, l’altro più grande; l’uno si fa ordinariamente fra particolari, l’altro fra Regni, e Provincie straniere. Or non vi dubbio, che queste due sorti di Commercio non siano nella Republica necessarie, fortificandosi l’uno per l’altro, ma v’è qualche differenza; percioche il Commercio, che si fa fra i Popoli d’uno stesso paese, apporta bene qualche profitto a particolari, aumentando i redditi del Prencipe, ma bisogna confessare, che l’utile è sempre lo stesso, girandosi, e rigirandosi dall’un all’altro, come se uno avendo due vasi fra le mani, versasse continuamente, e riversasse il medesimo liquore da questo a quello, senza aumentarlo, né diminuirlo. Ma per quello che riguarda il Commercio, fra stranieri, o portandovi quelle mercadanzie, che mancano, o l’oro, e l’argento, vi sono moltissime sorti di vantaggi; Perche se il primo Commercio è per conservare lo sta[29]to con lo stato, il secondo è per accrescerlo, quello nutrisce il Cittadino, ma questo l’impingua, l’uno mantiene il particolare, l’altro fa nuovi acquisti, è quello una picciola fontana di bene, questo un’immensa fiumana, si per utile del Prencipe, come de’ particolari; che perciò il Commercio del mare è sempre stato non poco in pregio appresso tutti i Popoli, i quali anno avuto qualche potenza considerabile, come il più corto camino per arricchirsi. S’io qui poi volessi fare un cattalogo di tutter quelle Provincie, le quali per cotal via sonosi ingrandite, e specialmente per lo Commercio del mare, non terminarei così di corto questa considerazione; Bastino per ora gli essempi, che sono nella sacra scrittura registrati, cioè di Tiro, Sidone, Tarso, Babilonia, dove il Commercio ha portate ricchezze immense, anzi chiuda il periodo Salomone, che ammaestrato dalla Divina sapienza, per accrescer lo suo Impe[30]ro, altro non seppe fare, che armar una poderosa armata, inviandola a trafficare in Ofire, ed altre terre, dalle quali ogn’anno si portavano cinquecento talenti d’oro, che al nostro conto sono la somma di otto millioni, senza le altre cose, come frutti, pietre preciose, ed aromatiche droghe, onde in tal maniera divenne ricco, che la sua grandezza fù lo stupore del mondo tutto, ed i suoi sudditi erano così dovitiosi, che secondo il Sacro testo l’oro, e l’argento in Gerusaleme niente più apprezzavasi, che le pietre. Ma senza ricercar essempi così lontani, basta considerare la Spagna, e Portallo [sic], Regni per altro sterili, ma oggidì i più ricchi, perche, intraprese le navigazioni d’Oriente, e d’Occidente, sono tutti prodigiosamente ripini [sic] d’oro, considerando solamente che i registri di Siviglia dal 1519 per fino a 1617 mostrano esservi entrati dalle Indie 50036 millioni d’oro, somma portentosa, e quasi incredibile, senza comprendervi quello [31] ch’è venuto in Lisbona, et altre parti; il che ha così bene reso coraggiosi gli Spagnuoli, che vi aspirano a gran cose, e gli Olandesi non con altra maniera anno potuto conseguire la grandezza, in che sono, che per quella del Commercio, il quale gli ha resi stimabili allo stesso Rè di Spagna, obligandolo ad acconsentire ad una pace, che lo ha spossessato di tante, e così utili Provincie, come sono le unite. E per fine ancorche sia vero doversi dalla Republica nostra il suo mantenimento, e prosperità primieramente alla Vergine Santissima, la quale per ispeciale favore si è mai sempre dimostrata nostra Protettrice; egli è vero ancora, che quando l’uso delle navigazioni, e del Commercio fioriva in essa, Gloriosa per tutta l’eternità fiorì pure la nostra fama; e se oggidì nelle communi turbolenze del mondo viviamo in calma par, che altro non ci manchi a renderci pienamente felici, che lo aprirci co’l Com[32]mercio, la via per arrivare in que’ Regni, dove sono le miniere di così pretiosi metalli, per continuare nel possesso di quella Gloria che non può conseguirsi salvo coll’uso di longhe navigazioni”.
[33] Che la forza de Stati dipende non poco dal Commercio, e navigazioni. Considerazione quarta.
Colui a mio giudicio l’ha intesa, il quale ha detto, che’l Prencipe savio, per mantenere lo suo stato, deve imitare l’Angelo dell’Apocalipsi, che in un istesso tem<…> teneva un piede su la terra, e l’altro sul mare. Perche si come questi due elementi, egualmente compongono il globo della terra, così contribuiscono uniti all’umana grandezza, essendo necessario aver nell’uno, e nell’altro uomini avvezzi ad ogni essercizio. Cotesta massima per verissima sarà riconosciuta da chi considererà primieramente, che la divina Providenza avendo divisa la terra in varie Provincie, oggi ridotte in Reami, soggetti all’autorità de’ Prencipi particolari, le ha talmente disposte, che sono per lo più se[34]parate l’une dall’altre, per qualche braccio di mare, che serve per difesa contro delle intraprese de’ vicini; Di modo che essendo principale obligazione del Prencipe provedere alla sicurezza dello Stato, contro i disegni dell’inimico, ciò non può per altra via ottenersi, che tenendo le sue frontiere munite di vascelli da guerra, e riesce vie più necessario allora quando anno i confinanti forze considerabili sul mare; perche si come avviene, ch’ogni picciolo accidente sveglia fra Prencipi guerre, e contrasti, succedendo che l’uno abbia forze maritime, e l’altro ne sia sproveduto, può quello con subite incursioni molestare il vicino, assediandolo nel proprio paese. Dicesi, che per fortificare un Regno bisogna seguire il metodo, che si osserva nelle fortificazioni delle piazze particolari, e si come all’intorno delle muraglie formansi bastioni, mezze lune, fortini, ridotti, baloardi, e contrascarpe, per tenere quanto più si può il nemico lontano, stimandosi da ciascheduno per[35]dute le fortezze ogni volta, che l’Assalitore, guadagnando la controscarpa s’avvicina alla muraglia, così non poco rileva alla sicurezza, e conservazione d’un’Impero l’aver sempre ne’ porti numeroso stuolo di ben’armati vascelli, i quali, essendo fortezze distaccate dalla spiaggia, tengono lontano il nemico, impedendogli lo inviscerarsi nel paese. Ma più chiaro vedrassi di quale utilità, ed importanza sia la navigazione, per mantener la possanza de gli Stati, se si considerano i vantaggi che portano l’armi maritime alle terrestri. Per vero dire un’armata di terra ben ordinata, e ben condotta è capace d’ogni più grande intrapresa, ma ella è necessitata a marchiar lentamente, né può far lo suo sforzo, che dove può stabilirsi di piè fermo; ma per lo contrario, un’armata di mare ben vittovagliata, oltre la sicurezza, ch’ella apporta al suo paese, vietando all’Aversario lo sbarco, serve ancora a portar l’armi d’un potente nemico, nelle più rimote Provincie. E con ragione di lei si può di[36]re, ch’abbia l’ali per volare dove le viene in acconcio, per render la forza de’ Monarchi operativa, in tutti i luoghi, o lontani, o vicini, secondo che s’offeriscono le occasioni. Di più la pratica della milizia terrestre, l’uso dele fortificazioni, l’industria d’alloggiarsi ne’ siti vantaggiosi, l’ordine di combattere sono arrivate a tal segno, che per acquistar un palmo di terreno, bisogna impiegarvi delle genti in buon numero, e spandervi largamente il sangue, difendendosi oggidì più una palisata di fascine, e terra, che altre volte non si facea una ben forte Città; e per lo contrario le battaglie navali terminano in poche ore, ed in pochi giorni fanno de gli effetti, che le più fiorite armate di terra non farebbono in molti anni, potendo ogni naviglio esser un Toro, da rapire un’Europa. Un’essercito campestre non si pone in piedi, senza grave spesa, molto vi patisce il soldato, bene spesso mancano i viveri a gli uomini, ed a i cavalli il foraggio. Il treno, ed i bagagli sono di non [37] non poco incommodo, e dove passa il campo necessariamente si stermina il tutto. Al contrario gli armamenti maritimi si fanno con minor dispendi, non si patisce tanto, il vivere è sicuro, ed ogni treno, o bagaglio si conduce senz’altra incomodità. In somma i soldati di terra si portano difficilmente al lor dovere, spesso fuggendo, od arrollandosi al nimico; dove nel mare sono sempre pronti alla battaglia, et obedienti per necessità, se non per altro, a gli ordini, mal potendo ritirarsi, et essendo più uniti fanno maggior impressione. Queste ragioni, e molte altre, che si tralasciano, anno fondata questa massima generalmente da tutti gli Stati ricevuta, che per mantenersi sia d’uopo avere in pronto una considerabile armata in mare. Conobbero i Romani un poco tardi qeusta fatale necessità; perche vedendosi da’ nemici per la marina molestati nelle loro navigazioni, si confessorono obligati ad intrapendere a farsi forti in mare, e se ciò fatto non avesse[38]ro, non avrebbeno posto freno a Cartaginesi, né fatte così grandi conquiste.
Ma senza cercar sì da lontano gli essempi, non sappiam noi, che i Veneziani mantenendo stabile questa massima, anno formata una Republica, che per le sue forze maritime agguaglia i più potenti Regni, e molti ne sovravanza? Ed ora lo vediamo in pratica nell’Inghilterra, spaventosa per questo a Spagnoli, stimabile alla Francia, e supplicata d’allianza da tutti i Potentati d’Europa. Ma per mantenere coteste forze agli Stati di null’altra cosa fà di mestieri, chè del Commercio, particolarmente maritimo, e ciò per molte ragioni; La prima si è per le ricchezze, che’l traffico apporta ne’ Regni; perche si com’è indubitato, che non si può far la guerra senza uomini, così questi non si possono mantenere senza soldo, né questo si può cavare, che da i redditi, i quali non sono mai grandi se non dove è il Commercio in vigore, come già si è detto. La seconda ragione, per la quale il traffico riesce di non [39] mediocre aiuto allo Stato, si è per la cognizione, e scoperta, che si fa de gli stranieri. Deve un Prencipe aver sempre la mira di prevenire i dissegni dell’altro, perche secondo il proverbio, colpo preveduto facilmente si schiva, e mina scoperta si può dire sventata; ed è quasi più che certo, esser la diligenza nel preveder i disegni del contrario, il principal vantaggio nelle intraprese. Or tutti i buoni Politici accordano, che meglio non si ponno conoscere le forze de gli Stati, che per la diligenza d’un pratico mercadante, né con altra via meglio si possono introdurre le intelligenze, o le discordie, che per questa, come la più sicura, e la più pronta di tutte; onde oggi i Prencipi d’altro mezo non si servono,che di quello de’ mercadanti, per esser distintamente avisati. La terza ragione si è, che non potendosi in questi tempi ciò fare senza un buon numero di vascelli ben’armati, pieni d’uomini sperimentati; questi stessi vascelli, e questi uomini possono subito impie[40]garsi alli bisogni dello Stato; Ed in prova si è conosciuto, che senza il pronto aiuto de i legni mercantili, i nemici avrebbeno riportato in varij stati de’ grandi vantaggi, anzi i Prencipi oggidì non mantengono altre armate; vedendo, che possono nell’occasioni servirsi de i vascelli del traffico. Prova di ciò ne siano le seguenti istorie. Il Rè d’Inghilterra avendo risoluto di soccorrere i ribelli della Francia, in poco di tempo, pose in mare due poderosissime armate; La prima l’anno 1627 composta di 150 vascelli, e comandata dal Duca di Buchingan, che scese a terra nell’Isola di Rè alli 22 di Luglio; e la seconda armata fù quella, che si presentò in soccorso della Rocella alli 28 di Settembre del 1628. Ora egli è certissimo, che la maggior parte di queste armate si compose, di vascelli di mercadanti presi, et all’occasione armati; lo stesso fecero gli Olandesi l’anno 1640 quando l’armata del Rè Catolico ascendente al numero di 90 va[41]scelli fornita di ventisette mila uomini, veleggiava sovra i mari di Normandia; perche temendo che non dovesse poi cotesta nuvola piover sovra di loro stati, si diedero ad armar in fretta, e trattenuti tutti i vascelli, che nè loro porti si ritrovavano, comandarono al loro Ammiraglio Herps Tromp di mettersi in mare, ed egli lo fece con tale risoluzione, che ritrovata l’armata Spagnuola, e con quella acciufatosi la ruppe, e dopo averla obligata a ritirarsi nella Dune intieramente la disfece. Ma chi di noi meglio ha sperimentata la precisa necessità di forze maritime? forse che per lo difetto di quelle d’ogni cosa non abbiam avuto difetto? Per fin su i nostri occhi si può dire, che sono venuti i Corsali, ad impadronirsi de’ nostri averi, et assediandoci, con assedio del militare piggiore [sic], ci anno più volte violentati a sofferir l’insolenza della loro rapacità. Cotesti essempi, e questi accidenti, che non sono ancora dilungati dalla nostra veduta, bastano a mio giudicio a far [42] conoscere quanto il commercio maritimo sia necessario ad uno Stato, mantenendo seco forze di prontezza grande, e le migliori, che possono aversi; Impercioche se il Commercio è in uno Stato in vigore, a proporzione di quello, vigorose sono le forze del medesimo, non dovendo chi che sia, per tratto di buona massima, fidarsi di quell’aiuto, che gli può venire dalle aderenze de’ vicini, se non ha forze, che sieno assolutamente sue. Né mi si opponga, che tutte queste ragioni possano ritirar i mercadanti dall’affetto del traffico, perche sono interessi troppo leggieri, per impedire l’utile de gli Stati, e l’essempio delle altre nazioni, chiaro dimostra, non esser queste, che mere vanità, e la difesa della Patria fondarsi nel giusto, essendo ciascheduno obligato ad esponer se stesso, non che le proprie facoltà, per le urgenze del publico.
[43] Che’l commercio, e la navigazione danno in ogni tempo impiego alle persone di spirito, e servono di necessario essercizio alla gioventù. Considerazione quinta.
Si come ha detto bene il Savio, che la grandezza d’un Prencipe consiste nell’aver di grandi servi, così non è nientemeno vero, che la forza de gli Stati dipende dall’aver di molti popoli soggetti. Perche se l’antichità ci ha voluto figurare la forza d’una persona nel favoloso Briareo, a cui diede cento braccia, e cento piedi, per raggirarsi da ogni parte, noi con verità possiam dire, che formidabile è quello Stato, dove si ritrovano mani da intraprendere molte, e generose intraprese; Egli è ben vero, che la moltitudine sarebbe più tosto di danno, [44] che di vantaggio, quando ella non fosse disciplinata; perche si come ogni moltitudine è soggetta alla confusione, così è facilissima ad introdursi ne gli uomini, che per la diversità degli umori, o delle inclinazioni si rendono facili al male. Ciò avviene, come ne’ corpi, dove il sangue (qual è l’alimento della vita) cagiona bene spesso malatie, e per la sovverchia abbondanza, talora la morte. Nell’uno, e l’altro corpo, naturale, e politico l’evacuazione porta non leggiero rimedio a mali, rimettendo il calor naturale nel suo buon temperamento, per mantenerlo in una florida sanità. Che perciò tutti i Savij Politici, quali anno governate Provincie, e Regni anno avuto per ordinaria massima di far, si, che i sudditi avessero un continuo impiego, acciocche coloro, i quali anno una vivezza di spirito incapace a restringersi alla sfera dell’arti, possano sfogare il loro natural talento; e per questo la Francia, così avidamente guereggia, ed il Rè Carlo il savio soccorse il Bastar[45]do di Castiglia, e Luigi undecimo il Conte di Ricmonth, avendo l’onore d’aver riposti due Prencipi, sul Trono, e l’utile d’aver ismorbato il Regno. E un arte troppo eccellente d’un Prencipe il saper valersi a proposito della vita de’ sudditi; ma ella non è così facile, perché fra questi, alcuni sono vogliosi d’esser impiegati alla ricerca dell’utile, altri dell’onorevole; chi teme i pericoli, e gl’incomodi, quali accompagnano le grandi intraprese, chi trionfa ne’ pericoli, e gode nelle incommodità, gli uni non operano, che per lo particolar interesse, gli altri non pensano, che all’utile publico; di modo, che per sodisfare ad ognuno, egli è d’uopo proponere un’oggetto egualmente utile, ed onorevole, del pari vantaggioso, et ardito, profittevole a particolari, ed al publico. Or di tutti, che possono proporsi, il principale a mio credere, si è lo commercio, e traffico maritimo, overo le navigazioni ne’ paesi lontani, perche cotesto essercizio trattiene, ed essercita la [46] gioventù, con profitto, ed onore, purgando il paese di ciò, che v’è di superfluo, stabilendo Colonie ne’ paesi stranieri a gloria, ed avvantaggio dello Stato, quattro circostanze, che fanno riconoscere i frutti del Commercio. Quanto alla prima, fa di bisogno, per lo riposo, e sicurezza dello Stato, mantenere gli spiriti coraggiosi; così perche non si sa l’ora, che se ne possa aver di bisogno, come perche egli è pericoloso il lasciar corrompere con l’ozio gli animi più valorosi. La pace per vero dire, ella è un gran bene, se fosse sicura; ma ben spesso vediamo,che quello che la nodrisce, serve ancora alle volte a rovinarla. E una grandissima felicità menar una lieta vita; ma deve temersi, che non termini in un gran travaglio. I grandi ingegni sono, come il fuoco, al quale bisogna continuo pascolo, acciò ch’egli operi, altrimente s’estingue. Perciò dico, che’l Commercio del mare porge un largo campo, per essercitare i più grandi coraggi nel tempo della pace, perche il [47] Commercio del mare è così bene una milizia, come un traffico. Voglio dire, che vi si essercita la guerra, come la mercadanzia. I viaggi lontani possono più tosto chiamarsi conquiste, che ordinarij commercij, facendovi di bisogno così bene di buoni Ufficiali, e Capitani, come di negozianti. Perche niuno vascello si prepara per longhi viaggi, che non si proveda ancora per combattere, quando glie ne facesse mestieri, per difendersi, o da’ nemici, o da Corsali; Che perciò non si può dare impiego più onorevole, nè di maggior profitto ad un Cittadino, che n’abbia di bisogno, come arrollarlo in qualche ufficio di guerra ne’ vascelli, che si pongano in mare. Osservasi particolarmente nella Francia, che i figlioli de’ Cavalieri, almeno i secondi, sono per lo più oziosi nelle loro case, o seguaci de’ Grandi, overo consumano il tempo in vanità, né altro rimedio a questo male ritrovasi, fuor che la navigazione; Egli è vero, che stando in piedi la guerra nel pae[48]se o con vicini, ciascheduno può ritrovar impiego, ed essercizio, ma come la guerra sempre non dura, ed il Commercio non manca mai, così non può l’una dal continovo impiego alla gioventù, e serve l’altro, per una perpetua Accademia, dalla quale cavanosi de’ buoni Capitani, e de’ valorosi guerrieri, quando ve n’è di bisogno. Ma quando ci dovessimo arrestare, e considerar i vantaggi, e gli utili, che la navigazione apporta alla gioventù, per riformare i popoli, ciò è non poco importante, perchè noi vediamo, che in tutte le Città, e quasi in tutte le famiglie, l’ozio della gioventù dà occasione a grandi scandali, i quali sono la rovina non solo, ma l’infamia delle famiglie, o per la scelerata loro vita, o per l’indegna loro morte. Che per lo contrario la sperienza ci fa vedere, che nelle Città, dove s’essercita il traffico, quando si armano vascelli, la gioventù sfacendata, siasi per curiosità, o per l’allettamento dell’utile, facilmente s’imbarca, occasio[49]nando, con questo non poco di sodisfazione a suoi, che gli vedono in qualche cosa impiegati, sicuri che verranno a poco a poco i travagli, che si patiscono a domar la sregolata furia di loro passione, ed il bisogno, inseparabile compagno de’ viaggi longhi, a fargli aprir gli occhi, e pensare come vissero, e come dovranno vivere. Aggiungi, che facendogli entrare in loro stessi le tempeste, diventeranno pietosi, et aggiungeranno credito al proverbio, Chi non sa pregare, navighi in mare, sicche finalmente crescendogli con l’età il senno, migliorato dal trattar, con tanta varia diversità di persone, si poranno in camino d’una vita civile, quieta per lor stessi, ed utile per le loro case. Ma oltre questi vantaggi, che apporta il commercio, bisogna ancora aggiongervi l’onore, ed il profitto, che si cava dalle Colonie, che si ponno fare ne’ paesi stranieri, per questa via. Tutti i Prencipi più savij anno avuta que[50]sta massima, per mantenere la tranquillità del loro paese, e la grandezza del loro Imperio, il che intrapreso da Portoghesi, Castigliani, Inglesi, Olandesi, gli ha fatti oltre modo crescere di forze, tanto, che possedono maggior numero di Popoli, in paesi stranieri, che ne i proprij Regni, e da quì nasce assolutamente, che siano abbondanti d’immense ricchezze, e mercadanzie. Ed ecco quello, che da noi deesi con ogni applicazione considerare, mentre possiamo con ogni facilità intraprenderlo, si per la quantità della gente, come per l’abilità degl’ingegni, bramosi d’investigar novità, ed in questo, utilmente per loro stessi, e per la patria s’impiegheranno que’ generosi talenti, che illetargiti nell’ozio sovente, come si è detto, si corrompono, con danno di tutto il corpo.
[51] Il commercio, e la navigazione è di profitto alla Città, et ad ogni è condizione di persone.
Considerazione sesta.
Avvegna che si sia dimostrato in generale, che lo Commercio del mare sia la principal grandezza, e prosperità degli Stati, nientedimeno come bene spesso avviene,che la fortuna de’ Grandi si fabrica su la rovina de’ picciuoli, e che l’interesse del publico non camina con l’utile particolare; non sarei sodisfatto d’aver persuasa l’eccellenza, ed utilità del Commercio, s’io non dimostrassi quanto sia utile a tutti gli stati delle persone particolari; acciocche ognuno così bene, come lo stato, vi ritrovi i suoi vantaggi. Bisogna dunque considerare, che come molte persone formano una famiglia, varie famiglie un borgo, molti borghi una Cit[52]tà, e le Città, le Provincie ed i Regni; così il bene dell’uno và con la stessa regola, communicandosi con l’utile dell’altro; di modo che dal primo all’ultimo ritroveremo, che la felicità dello Stato dipende dalla prosperità delle persone particolari di quello. Così Aristotele nelle Politiche, dopo aver detto, che il fine del buon Politico deve essere di render felici i proprij sudditi, poco appresso soggiunge, che lo stato è perfetto, quando il popolo è sodisfatto. So ben’io che impossibile riesce di ritrovar l’abbondanza in ciascheduno, e che gli uomini non tutti ponno essere sodisfatti; Ha la Divina volontà prescritto, che fra l’egualità di nostra natura, le condizioni de gli uomini, e le fortune siano ineguali, componendo per questa via l’armoniosa ecconomia dell’universo; ma io dico, che secondo l’ordinaria disposizione delle cose umane, nulla cosa v’ha, che sia più atta ad aumentare l’abbondanza delle facoltà, necessarie alla vita umana, che’l Commercio. E [53] per dimostrarlo evidentemente non bisogna far altro, che una dinumerazione delle persone, che sono nel corpo della Republica, e considerare gli utili, che ciascheduno può cavare dal Commercio. E per cominciare dalle Ecclesiastiche raunanze, lasciando di riflettere sull’utile, che si cava da quelle, che possedono stabili, e terreni proprij, dove il Commercio è più vigoroso, prendo a considerare, che si come i Religiosi sono i mediatori fra Dio, e l’uomo, così è universalmente in uso appresso i mercadanti Catolici di non intraprendere alcun traffico d’’importanza, senza sovvenir, con larghe limosine, agli Ecclesiastici, per impetrare il buon successo a i loro negozij, facendo assai spesso promessa al Signore, o alla Santissima Madre di far qualche notabile dono a suoi sacri Altari, quando ben gli venga dell’intrapresa negoziazione. E per lo stesso motivo bene spesso fabricanosi degli Oratorij, dove continuamente si prega Iddio, si per lo riposo delle anime de [54] morti, come per gli vantaggi de’ vivi; ond’è, che dove il negozio è in pregio i monasteri de’ Religiosi anno copiosa, e magnifica supelletile. Le persone poi Nobili, o Borghesi non anno meno utilità, e vantaggio dal traffico; perche si come le terre di loro tenuta producono que’ frutti, il valore de’ quli [sic] deve essere il governo delle loro famigie [sic], così egli è certo, che il prezzo è sempre migliore, dove si essercita maggiormente il commercio; Che perciò coloro, i quali sono lontani da’ luoghi di traffico, avvegna che posseggano di molte terre, sono però sempre in dietro, come quelli che non possono da’ frutti di esse cavare il giusto valsente. E coloro i quali anno pronti i contanti, ne cavano ancora più di profitto, come chiaro si vede in Venezia, Olanda, ed altri luoghi mercantili. In oltre le persone di comando non poco utile cavano dal Commercio, perche si come è vero, che’l traffico genera bene spesso delle grandi difficoltà [55] negli affari, così per la decisione di queste, bisogna ricorrere a’ Magistrati, a i quali dessi però un continuo, ma utile impiego: Ma se vorremo internarci maggiormente in questa considerazione, noi ritroveremo, che per lo più le case grandi da altro non riconoscono loro essere, che dal Commercio; E da che si è fatta più stimabile la nobiltà, se non perche anno i mercanti, con ricche doti, maritate loro figlie in persone di famiglie illustri? Che ritrovandosi per questo facoltose anno poscia nell’occasioni resi tali serviggi allo Stato, che sonosi assai più stabilite in que’ vantaggi, che nelle Aristocrazie si godono dall’ordine loro? Gli Artigiani poi, che negli altri luoghi malamente anno da vivere, nelle Città mercantili, abbondando il treffico, si sa che trionfano; perche l’equipaggio solo d’un vascello tiene impiegate molte persone, e coloro che non sanno far niente, servono per soldati, o giovani, che vogliam dire, della nave, e le stesse donne, che per la loro condizio[56]ne non possono aver impieghi, col filare, contribuiscono alla commune utilità, co i proprij vantaggi. Insomma è il Commercio a tutte le condizioni, e stati di persone vantaggioso, perche i poveri, ed i giovinastri, che nelle altre Città fanno il numero più considerabile, ed il più inutile, sono per lo traffico assistiti, e proveduti; e vi si trova la via di rinserrare i vecchi, e storpiati negli spedali, dove gli si dà quell’impiego, che possono; procurando che si guadagnino il vivere, con le manifatture. Ed eccovi a mio giudicio dimostrato la via con esso la quale si fanno grandi le più piccole Communità, e se di ciò ne bramate gli essempij, senza farvi una lunga dinumerazione delle Città, che per via del Commercio sono state le più floride, e rinomate ne i secoli trasandati, e tralasciando l’Anseatiche, Venezia sopranominata la ricca, perche i di lei abitanti per mezzo del Commercio posseggono delle fortune; e la nostra Genova, che riconosce suo stabilimento dal Com[57]mercio, e meritamente per questo nominata con titolo di superba; Il più segnalato essempio di questa verità si sono gli stati delle Provincie unite; Non mai da principij così deboli si videro progressi così vantaggiosi; Questi popoli avvegna che abitatori di sabbiosi paesi, e di poco fertili campi, sproveduti delle cose necessarie al vivere umano, anno non solo l’abbondanza di tutte le cose per le loro navigazioni, ma oggidi sono i distributori d’ogni più preziosa mercadanzia agli altri Stati d’Europa. Le loro Città sono publici, e generali ridotti delle più grandi negoziazioni, le loro casate, le più opulente, ed i popoli i più ricchi d’oro, e d’argento, che siano in questa parte di mondo. Hor se noi con nostra pena non possiamo dimostrare essempij di così grandi profitti, resta nondimeno evidente trà i nostri coloro, i quali a traffichi si sono impiegati, assai presto esser cresciuti di fortuna; e quando non avessero voluto spargere il suo per avidità di tra[58]ricchire, sarebbono molte case in miglior stato di quello, che adesso ritrovansi. Nel rimanente bisogna considerare, che se bene le Città, dove s’essercita il traffico sono le prime a godere dell’utile, ad ogni modo non poco di frutto ne sentono le Ville circonvicine, ritrovando queste in quelle la sussistenza negli utili delle manifatture. Le Città maritime in riguardo all’altre sono come il centro alla circonferenza, e come il mare a i ruscelli, i quali prendono il loro accrescimento dallo stesso, ed in quello ritornano per un continuo giro, di modo che il Commercio pone tutto il mondo in opera, portando una generale utilità a tutti i luoghi, et ad ogni sorte di persone; il che obliga universalmente ad applicarvisi, quanto lo permettano le facoltadi altrui; o almeno ad aiutar coloro, i quali da senno vi s’impiegano.
[59] Che’l commercio del mare non ha niente di vile, e che lo privi del merito della virtù, se qual si deve, è bene essercitato.
Considerazione settima.
A partito s’ingannano coloro, i quali misurano l’umana felicità dalla sola sodisfazione di contemplare le più belle verità della natura; credendo, che per rendere lor condizione felice, basti l’esser disimpegnato dalle cose terrene. Se l’uomo si fosse mantenuto nella purità di sua prima Creazione, e s’egli avesse conservati i vantaggi dell’Innocenza, non vi è dubbio, che la terra prodotti avrebbe i frutti senza niuna pena, o travaglio; che il Cielo gli avrebbe piovute tutte tutte le sue più benigne influenze, gl’animali resa la dovuta ubbidienza, e vivendo tutti nella egualità di loro condizione, senza bisogno l’uno [60] dell’altro, che avrebbero avuto lo spirito libero, e capace ad applicarsi alla unica contemplazione del sovrano Bene, Ma si come il peccato ha guasta questa bella ecconomia delle creature, così gli elementi più non producono, che per violenza di stento, e gli uomini per lo più vivono necessitosi di quelle cose, che servono a gli usi umani, essendo la fatica necessaria, e nostra principale occupazione; che per ciò la maggior parte delle belle contemplazioni de’ Filosofi, non sono, che sogni de’ vaneggianti, overo chimere, non ad altro proprie, che ad una Ideale Republica. So ben’io, che si ritrovano persone, le quali facendo professione d’una filosofia più sublime, e d’una saviezza più severa, si danno ad intendere, che se bene l’uomo fù condannato per un’irrevocabile decreto di vivere a forza de’ sudori del proprio volto, la vita nostra nientedimeno è ingaggiata nella ricerca di mille cose, che ci rende necessarie più, che la ragione, il capriccio, e così pretendendo [61] di riformare l’universal polizia delle Republiche, vogliono obligar gli uomini a contentarsi dell’uso di quelle cose, che la natura sempre ottima proveditrice de nostri bisogni, aiutata dalla fatica di ciascheduno, produce in ogni paese, senza cercare più oltre le artificiose, o straniere, togliendo per questa via l’ambizione, e l’avarizia, universali pesti del genere umano. Secondo cotesti principi, bisognerebbe togliere dal mondo molte arti, e stati di persone, e sopra tutti i mercadanti, quali, con loro continue applicazioni, tengono il mondo in moto, non contentandosi di vivere di ciò, che alla giornata presentasi, come gli animali, o come i selvaggi abitatori del mondo nuovo, i quali senza l’uso delle arti sanno vivere, e più di noi. Ma coloro i quali pensano per tali discorsi d’ingrandir la natura, credendo dare allo spirito dell’uomo libertà, non s’accorgono quanto altamente a quella, ed a questo pregiudicano; Perche si come è certo, che’l cuore umano ab[62]bonda bene spesso di varij desideri, che il più delle volte oppugnano la libertà, così l’uomo dimorerebbe nel bisogno, e nell’inquietudine, se per altra via non ritrovasse modo da sodisfarsi, il che d’altra maniera mal può ottenersi, che per mezo dei mercadanti; E per la stessa ragione Aristotele, il quale voleva formare una Republica in ogni parte perfetta, fù quasi per dire, che dovesse comporsi di Mercadanti; Et alla fine confessò esser l’ordine mercantile così necessario, come quello de i lavoratori, de i Soldati, de i Giudici: dando il primo di questi a i Popoli il nodrimento con le sue fatiche, mantenendo il secondo lo stato con le sue guardie, governandolo il terzo col suo sapere, e quello de i mercadanti opportunamente contribuendo a ciascheduno, secondo la necessità per sostenimento del tutto, che non può consistere senza le parti; e certamente le mani, che operano, ed i piedi, che reggono sono così ben necessarie, come gli occhi, che vedono, e le orecchie, che inten[63]dono. Or avvegna che ciò sia vero, ricercando noi il pregio, e l’eccellenza del Commercio, non dobbiamo stabilirgielo [sic] nella precisa necessità, che vi ha il mondo; perche essendo l’onore il prezzo essenziale della virtù, che riconosce per suo Prencipe la libertà del volere, non può direttamente attribuirsi a quella, che resta independente; Ed avvegna che spesso si stabilisca allianza fra l’utile, e l’onorevole, ella non è, che accidentale. Ma si come il Commercio è di quelle cose, che possono gli uomini fare o bene, o male, così ne seguita che’l suo vero pregio dipenda dalla maniera del tratto. Se il traffico è piccolo (dice Aristotele,) in pochi giorni ristretto, ed esercitato fra persone meccaniche, e di poca fortuna, il suo pregio è ancor esso assai piccolo; Ma se per lo contrario è grande, e si mantiene con fondi ricchi, è di non poco pregio in una Republica; Trattandosi dunque del grande traffico, che si essercita nelle navigazioni, e ne’ paesi stranieri, io dico ch’egli me[64]rita uno de’ più onorevoli luoghi, che vi siano fra gli uomini, non avendo nulla di contrario alla virtù, et alla nobiltà, quando è bene essercitato. Nel rimanente trè cose lo rendono d’una ben grande estimazione, e sono l’eccellenza del fine, la virtù nel soggetto, e la bontà nell’essecuzione. Quanto alla prima, si come i Filosofi dicono che’l fine non solamente è l’ultimo punto delle cose, ma il migliore, così tanto più da noi deesi stimare il Commercio, essendo che’l suo principal fine consiste nella publica utilità la qual è certo il più gran bene dell’umana società. S’ingannano senza dubbio coloro, i quali non danno, chè l’onore per oggetto alle azzioni virtuose, dicendo essere il guadagno solamente fine dell’avaro; perche il pensare di togliere il desio del profitto a gli uomini sarebbe contrastar all’ordine della natura, e di Dio; mentre senza di questo mai l’animo nostro non s’applicherebbe a negotio, siasi della ricerca de beni di fortuna qua giù, siasi delle eterne felicità [65] colà su. Ed in ciò è utile, e vantaggiosa l’avarizia, regolata, però col motivo della publica utilità, da stimarsi il più chiaro carattere della nobiltà delle umane azzioni. Se qualcheduno ne’ negozij cerca approfittarsi moderatamente, avendo per fine il trattenimento della sua casa, ed il sollievo de’ poveri, diretto all’utile commune, accioche le cose necessarie non manchino nel paese, riportandone solo un legitimo emolumento, come salario di sua fatica; ciò senza dubbio non può, nè deesi ad avarizia imputare, ma giustamente ad una generosa bontà; e questo a mio giudicio è solamente il fine di coloro, i quali, per altro commodi, e ricchi, continuano a sostenere il traffico; così persuasi da i motivi detti di sopra, della commune utilità. Non dico io già assolutamente, che gli animi de mercadanti non siano per ordinario mossi dalla propria brama, assai più che dall’utile commune; ma non per questo bisogna disprezzarli, e proverbiarli, nè abbassare la lor condizio[66]ne più di quello, che merita. La bontà d’un’oggetto non si dee giudicare da gli accidenti, ma dalla forma sostanziale, che inseparabilmente l’accompagna. La bontà della politica misurasi dall’equità delle leggi, e non da’ mali portamenti de’ sudditi depravati; così senz’approvare le sordide avarizie di qualcheduno, torno a replicare, dover il Commercio misurarsi dal suo fine naturale, propostosi da gli uomini da bene, ciò è dalla publica utilità, congiunta col sollievo delle fortune particolari, il che non pregiudica alla virtuosa sincerità del costume; Altrimente chi la volesse prendere così da vicino, ed in così stretti termini, non vi sarebbero Capitani, Magistrati, ed Ufficiali, che nobili, ed onorati stimar si dovessono, posciache vediamo ciascheduno nelle sue cariche, procurar i vantaggi di sua casa, e lo stabilimento delle fortune di quella. Basta, perche un’essercizio sia riputato onorevole, che independente dalle intenzioni de gli uomini, contribuis[67]ca notabilmente al bene del publico, il che principalmente s’osserva nel commercio maritimo. La seconda ragione, che lo rende onorevole, si è la lealtà, che dev’esser fra coloro, che l’essercitano; perche, come si è detto di sopra, il commercio maritimo è quasi più una milizia, che un traffico, più tosto una conquista, che un mercenario profitto. Egli per lo più, consiste nell’intrapresa di longhi viaggi sul mare, dove fa d’uopo sostenere, e schivare gli attacchi de’ nemici, arrischiar la vita nelle discese in paesi stranieri, onde vi si riccheggiono [sic] persone di straordinarij talenti e dotati d’una gran capacità, per conoscere lo stato delle cose umane, discerner gli umori, e le inclinazioni de’ popoli, co’ quali si tratta, e saper guadagnarli, e servirsi dell’occasione, rimediando a i pericoli presenti, prevedendo i futuri. Bisogna ancora aver un cuore sincero, perche, si come il commercio obliga gli uomini alla società, e conversazione, più d’ogn’altra cosa, [68] così la fedeltà è l’anima del trattare, come dice S. Paolo Apostolo. Tale è la pratica di tutti gli uomini di negozio nel mondo, che una semplice verbale promessa basta per una obligazione. La terza circostanza principale, che fa conoscer l’eccellenza del commercio maritimo, si è l’ardire, e la generosità, che vi fa di bisogno nell’essecuzione. Perche si come la generosità consiste nell’esporsi con animo all’intraprese perigliose, per un fine onesto, così richiedendovisi ancora sostanza da sopportar’i mali successi, quando avvengono, non vi è cosa al mondo, dove più essempij dell’una, e dell’altra virtù si raccontino, che nel commercio del mare. In questo non s’anno da combattere solo gli uomini, ma gli elementi; e gli attacchi de’ nemici sono così frequenti, ed i naufragij così spessi, che vi è necessario aver animo per trapassarli. Pensi ciascheduno ciò che vuole; Io per me reputo segno di gran coraggio in un uomo esponer sua fortuna, [69] ed il più delle volte sua vita a tanti, e così grandi pericoli. Concludo dunque, che non solo il commercio maritimo non è meccanico, ma totalmente il contrario, essendo carattere di virtù, e di nobiltà; Non voglio già sollevar il suo pregio al segno di coloro, che per l’antichità di loro famiglie, e per le generose gesta di lor maggiori, o per l’imitazione di loro virtù, posseggono degnamente la qualità di nobili; ma io dico che si come la forza, la generosità, e le altre virtù sono i veri fondamenti della nobiltà, così essendo queste congiunte con le azzioni de buoni mercadanti, possono questi aver un buon luogo ancora nella stima de gli uomini. E senza dubbio se in questo caso regolar ci dovessimo con senso de’ Filosofi, più tosto, che con l’opinione del volgo, ritroverebbesi, che la nobiltà, la quale ha le sue fondamenta nelle particolari virtù del soggetto, ha de’ grandi vantaggi sovra quella, che dalla nascita viene a i posteri tramandata; per[70]che avendo avuto la stessa origine bene spesso si ritrova l’una in un soggetto vizioso, et in uno spirito indegno, dove l’altra è necessariamente accompagnata da un buon talento, e da un’animo virtuoso; e se le azzioni onorate deono avere il frutto del merito, non vi è dubbio alcuno, che sia questa a quella, e quella a questa assai somigliante.
[71] Che in ogni tempo il Commercio del mare ha servito d’essercizio d’approffittarsi alle persone di spirito, rendendole degne delle cariche migliori della Città.
Considerazione ultima.
Se’l Commercio maritimo è un’essercizio così onorevole, e virtuoso, bisogna confessar, che veramente coloro i quali l’essercitano debbano grandemente stimarsi. Ma essendo l’opinion commune, secondo il detto di Seneca, quella, che dà il pregio alle cose, più tosto che la ragione; non si rende meraviglioso, che nella universale corrutela del mondo sia scaduto di pregio il Commercio, imaginandosi ciascheduno (dal vederne lontani le persone di conto) che sia meccanico, indegno della loro applicazione, e ritegno ad avanzarsi di condizione nella Repu[72]blica. Io prendo dunque a disabusare il mondo di questa massima, e voglio dimostrar, che in tutti i tempi, e nelle Republiche più regolate, il Commercio ha servito d’essercizio a spiriti sollevati, facendogli strada, a conseguire tutti gli onori, e dignità della Patria. Sò bene che Aristotele altretanto eccellente politico, quanto buon Filosofo, non stimava per bene conceder diritto di borghese a mercadanti, ed i Romani così bene, come i Lacedemoni, e i Tebani proibivano, per loro leggi, il maneggio della Republica a mercadanti, i quali per diece anni prima non avessero tralasciato l’essercizio del traffico; ma so ben anche, che gli uni, e gli altri anno distinto due sorti di Commercio; l’uno meccanico, e l’altro universale; l’uno a ritaglio, come sogliam dire, e l’altro in grosso, supponendo l’uno un picciol denaruccio, e l’altro abbondanza di ricchezze, e non servendo quello, che alla susistenza d’una famiglia, e questo all’accrescimen[73]to d’una immensa facoltà; quello intrapreso per necessità; questo per generosità; di modo che facendo parallelo di coteste qualità opposte, si vede, che essendo l’uno pieno d’onore accompagnato da potenza, con ragione riesce stimabile, dove l’altro, riserrato nell’angustie d’una bottega, si rende insufficiente alla pratica, ed al maneggio delle Republiche; Perciò con giusta ragione vengono dalla Republica tenuti lontani i rigattieri a cagion di loro cattiva condizione; ma non così coloro, che sostenendo il Commercio maritimo, anno con loro viaggi, appresi i modi delle straniere nazioni, per servire all’indennità del publico. Così Plutarco ci assicura, che ne’ passati tempi il Commercio era qual cosa onorevole da ciascheduno stimato, et avuto in pregio, come quello, il quale dava i mezi da introdursi con le nazioni straniere, e di guadagnar l’amicizie necessarie all’umana società. Solone per tal maniera si fe[74]ce abile a dar le leggi alla Città d’Atene. Talete il Milesio, uno de’ Savij della Grecia, vi si applicò non solo per la publica utilità, ma per lo profitto particolare; e per finirla, appresso i Greci, ed i Romani, i mercadanti furo [sic] sempre stimati, ed onorati, come persone, che possono tanto per loro buoni, e savij consigli, quanto per le immense facoltà, contribuire alla manutenzione dello stato. Ma non vediam noi, che nelle migliori Republiche del mondo, non lasciano i mercadanti d’aver de i primi onori? Non sappian [sic] noi, che coloro i quali anno il maneggio politico nelle Città maritime d’Alemagna, Svezia, Polonia, Danimarca, sono la maggior parte de’ grandi negozianti? Ma chi non sà che l’Olanda, la quale ha la riputazione d’aver i migliori spiriti, ed i più savij politichi di tutte le nazioni del mondo, si è stabilita, e sussiste per la saggia condotta de’ suoi Abitanti, la maggior parte de’ quali, ed i più prin[75]cipali sono coloro, che essercitano il Commercio? l’uso del quale gli ha raffinati nelle più sode politiche, e nelle massime migliori. Concludiamo dunque dicendo, che considerate le azzioni, e qualità personali de’ mercanti, devonosi non poco stimare, perche oltre la ragione, che lo persuade ha per essi l’Antichità memorie veramente pregiabili posciache sollevò per fino alla sfera de gli Dei coloro, i quali nella navigazione si resero segnalati. Afferma Diodoro Siculo, che Saturno fece capo della prima navigazione Nettuno suo figlio, la quale essendogli riuscita felice, fù, secondo l’antica superstitione, adorato per Dio della marina. Ma io non pretendo quì d’incensare i mercadanti, sollevandoli ad una sfera superiore degli altri uomini, ben si bramo, che ad essempio dell’antichità, e di tutte le nazioni del mondo da noi fosse riconosciuto lor merito, acciò po[76]tessero prender coraggio, per affatticarsi [sic] a commune utilità. E si come più che da ogn’altra Nazione ciò si può dalla nostra sperare, cominciando oggi mai ad aprir gli occhi a così grandi vantaggi, deh non tralasciamo di contribuir vivamente ciò, che puossi, all’avanzamento di così spiritosa, e felice intrapresa.
[77] Si propongono i motivi generali, e certi da rimettere il Commercio in Genova.
Considerazione Nona.
Fra le dimostrazioni delle scienze speculative, ed i ragionamenti della morale evvi questa differenza, che quelle anno per loro fine di produrre nello spirito una cognizione certa ed evidente della verità del loro oggetto, e queste non solo si fermano in questo, ma cercano l’uso de i mezi più proprij per abbraciare il bene proposto, ed ischivare il male scoperto. Quindi è che non mi basta lo aver dimostrata con potenti motivi l’utilità del Commercio, se più adentro non inoltrandomi, non ispiegassi i modi più facili ad ottenerlo. Facile, per vero dire, si è lo conoscere il disordine delle cose del mondo, ma non così facilmente, per mio credere, vi si trova il rime[78]dio, perche il male proviene dal difetto di quella cosa necessaria a quel soggetto, ed il bene dipende dall’integrità delle sue parti; Che perciò diceva bene un antico, che una, benche minima creatura, poteva poner tali disordini nella natura, che fussero dificili a sciogliersi dalle Deità più potenti. Avanzasi ingegno umano sulla potenza, di gran lunga, non dipendendo la scienza, che dalla attività del nostro spirito, e dalla libertà delle nostre facoltà interne, il che alla potenza non si concede ricercando sempre l’aiuto di quelle cose, che non sono in nostro potere, nè dipendono da noi. Ma tolga Iddio ch’io qui pretenda vantarmi di possedere particolar cognizione della materia da me presa a discorrere; perche quando vi fossero nuove forme da scoprire, come si fa di stelle cotidianamente nel Cielo, non mi conosco d’occhio si fino guernito, che basti per tal affare, e però credo non aver detto, salvo le cose, che veramente si sanno, e che risvegliano gli spi[79]riti alla cognizione delle cose importanti al loro profitto, ed onore, onde di somma pena riuscirebemi (non sapendo scegler [sic] i rimedij, ne avvalermene in nostro prò) averli riandati, quando non fossi sicuro di ritrovarli nella saviezza, ed autorità di chi ci governa,e di già cominciati a porsi in opra, col formar compagnie maritime. E per vero dire, troppo interessata era la nostra riputazione, e ridotta ad una gran soggezione di nazioni forestiere per avvalersi del traffico, mentre per lo passato nel Porto non si vedevano, che vascelli, la maggior parte stranieri, il che ha dato materia a nostri nemici di riputarci poco abili a qual si sia vantaggiosa intrapresa. Quindi è che (per dir così) ristretta pareva la libertà del nostro traffico, facendo noi quasi tutto, col ministero d’altri. Un gran Personaggio antico soleva dire, nulla cosa dimostrar meglio la miseria de i Grandi, che il bisogno d’aver molti servitori, onde, senza ragione [80] nel gran numero di costoro, fonda il Principe le sue grandezze, altro non servendo, che a farla comparir di vantaggio, già che l’uomo è più felice quando non ha da seguitare gl’altrui sensi, et opera da se stesso. Talmente che se fossimo sprovisti d’armi, e vascelli, mal potriamo incaminarci a non essere una troppo scioperata cagione de nostri danni, essendo questi non poco essenziali al essercizio della vita umana. In riguardo al profitto è troppo chiaro, che tutto va in mano degli stranieri, onde a poco a poco scemandosi l’azzende, e forte discapitando il particolare, non può aggrandirsi il publico. Rimedio a questo male altro non è, che’l formar borsa commune, e per vero dire, questo rimedia a trè de i maggiori mali, perche l’unione delle facoltà, e delle persone, renderaci capaci ad aver buon numero di vascelli ben’armati, che ci faranno stimare ne i campi algosi del famoso Nettuno, dove niente meno mietonsi palme ed allori, che in [81] su la terra, per tal via anderà il nostro nome infino agli ultimi confini del mondo, portando, e riportando noi stessi le nostre merci, e così armati potremo tener a freno, e reprimer l’insolenza di chi pensasse travagliarci, e cresceranno le facende, aumenteranno i prezzi agli operarij, e ritornerà Genova nell’antica richezza.
[82] La necessità, e l’utile delle Compagnie in generale, fa spiccare i vantaggi di quelle, che si fanno per essercitar il traffico.
Considerazione decima.
Non bastano solo i vantaggi, che si sperano dalle Compagnie maritime, nè le massime politiche, che devono obligarvi cadauno; ma specialmente per lo Commercio ve ne sono delle particolari. Lo Spirito Santo Padre di tutti i lumi, e d’ogni sapienza autore, non contentandosi di dare solamente gl’insegnamenti della virtù, che prescrivendo le massime d’una buona condotta, ha dimostrati i vantaggi, che dalla umana Società, si cavano, dicendo al Cap. 4 dell’Ecclesiastico. Melius est ergo duos esse simul, quam unum, habent enim emolumentum societatis suae, si unus [83] ceciderit ab altero fulcietur, vae soli, quia cum ceciderit non habet sublevantem se, et si dormierint duo, fovebuntur mutuo, unus quomodo calefiet? Et si quispiam praevaluerit contra unum, duo resistent ei, funiculus triplex difficile rumpitur.
Queste sono le parole del Savio, dove propone trè sorti di beni, che si ritrovano nella umana Società. Il primo si è il sollievo, o la vicendevole assistenza, che l’un l’altro si porge negli scambievoli accidenti umani; il secondo il brio ch’anno le persone unite ad intraprendere delle cose utili, che paiono difficili; il terzo la diffesa, o resistenza, che si fa dalle persone unite in uno stesso interesse; Per quello che riguarda il primo, ch’è il sollievo, od assistenza, Iddio che ne ha dato l’insegnamento, non ha mancato darci l’essempio ancora, unendo l’uomo alla donna per fino al bel principio del mondo; Fù creato l’uomo dotato di così bei talenti di natura, e di grazia, che sembrava di nulla bisognoso, per viver feli[84]ce nella sua condizione, e pure narra il Sacro Testo, che Dio giudicò subito non esser bene, che l’uomo così solo rimanesse, onde era d’uopo, che aiuto a lui simile gli si apparechiasse, e perciò fece la donna constituendoglela [sic] compagna, e sollevadrice delle cure noiose. Or si come Iddio ha stabilito una compagnia fra i mortali, perche ognuno v’abbia quella commune unione, ed assistenza, fa d’uopo però che ciascheduno vi concorra con la unione degli uni, e degli altri. Necessaria, per vero dire, si è cotesta unione, si per le circostanze del tempo, come per lo stato delle facoltà; ma perche la maggior parte del Commercio consiste nella navigazione, e conviene armar de i vascelli, intraprendendola; bisogna star avvertito ne i grandi rischi, alli quali una sola persona non può resistere, bisognandovi l’aiuto, e la discretione di molti. Anzi si sa per esperienza, che quelli, i quali per negozio anno intraprese le naviga[85]zioni, allettati dal dolce d’una fama lusinghiera, continuata poi la pratica, sogliono grandemente atterirsi, quando perdono in un giorno ciò che ammassar dovevasi con la fatica di molti anni, senza speranza di alcun sollievo. Il che ha fatto, che ognuno (sperimentate le grandi perdite) sta a vedere ciò che occorre ora. Come dunque la Filosofia c’insegna, che la virtù della causa deve esser proporzionata al suo effetto, e la sperienza ci fa vedere, che le cause particolari prive di forza, stentano ad ottenerlo, se non si uniscono, e rendono le virtù loro più vigorose; Così le facoltà de particolari non potendo resistere ad un tanto impiego, quanto richiede il Commercio, si avvalorano a sufficienza dalla Società. Aggiungasi, che la perdita di varie mediocri partite, meno incommodarebbeno ciascheduno quando che (tolga il Cielo) avvenissero de i sinistri. Il secondo bene, che nell’unione [86] si trova, al creder del Savio, si è l’ardire, che l’uno all’altro si porge, per intraprendere le cose utili, ancorche difficili per l’essecuzione. Lo spirito umano, è assai spesso tirato alla ricerca del bene, ma il più delle volte lo occupano vanissime chimere, le quali non essendo in effetto, possono tacciarlo d’imprudente. Così avviene alle volte, che qualcheduno per pusilanimità si distoglie dal seguitare un bene capace d’ottenersi per le sue forze, non potendo la prudenza d’un solo discernere, e risolvere quello, che si deve fare, il che non avviene quando vi sono molti i quali d’uno stesso fine considerano. Questo secondo bene, che si ha dalla Società spicca più vivamente nel Commercio del mare, dove come ciascheduno sa, sonovi di grandi accidenti da prevedere, e di grandissimi pericoli da schivare. Pochi per mio giudicio ritroverannosi, che non confessino per grande la temerità di quel coraggio, qual fida se stesso, e sua fortuna all’incostanza d’un elemento, che [87] in un punto cambia in tempeste la calma, spumando di rabbia contro di quelli ch’anno osato fidarsi alla instabilità di sue onde. Onde niuna cosa è valevole a far, che vi si vada che l’essempio degl’altri, che corrono lo stesso rischio. Lo stesso è nelle navigazioni, che ne i combattimenti, dove così bene i codardi, come i Generosi vanno al cimento, questi per desio d’onore, quelli da questi innanimati. Giammai nota ci sarebbe stata l’India, nele [sic] parti Settentrionali, e Meridionali scoperte, se l’unione di particolari di così grandi intraprese non avesse secondati i fomenti, che perciò utile sovr’ogni cosa riesce l’unione delle compagnie maritime, accrescendosi con essa l’ardire ad intraprendere longhi viaggi, e generose conquiste, il che mai cader potrebbe nel pensiere d’un solo particolare. Il terzo bene che dalle compagnie si cava è, che da loro, più si può resistere a i contrarij accidenti, et a i danni, se accadono. Platone discor[88]rendo dell’umana Società, e della fondazione delle Città, dice esser queste fondate su l’istinto della natura, la quale vigila, con ogni essattezza, alla conservazione della sua specie, perche avendo il peccato reso l’uomo inimico alla maggior parte delle creature, gli ha fatto la stessa conoscere null’altra maniera esservi, che di fortificarsi in tutt’i modi, per difendersi da cotanti nemici. Di qui anno avuto origine cotante famiglie, e queste anno constituito i borghi, i borghi le Città, dove l’unione Cittadinesca rende l’uomo capace di difendersi, e di resistere a suoi nemici. Or questo terzo frutto della Società, qual consiste nella vicendevole protezione, e tanto più vantaggioso al Commercio, quanto, che molti de nostri l’anno abbandonato, per la varia moltitudine de nemici, che per lo mare si ritrovano, i quali quando ci vedevano privi di forze, ci aguatavano [sic] i navigli quasi alla nostra veduta per depredarli, et usurparli. Così formata la compagnia unirà ella vascelli, [89] et assicurando per tal via nostro Commercio, contrasterà con nemici, che non consideranno [sic] giammai d’oltraggiarlo senza vendetta; E quando poi perdessesi un Vascello, tolerabile riuscirebbe il danno in riguardo della unita compagnia, a cui facile sarebbe d’approntarne un altro; Quindi si mantenirà in vigore quel traffico che servirà d’essercitio alla bizzaria del nostro talento.
[90] Altre circonstanze in riguardo alla condizione delle Compagnie maritime.
Considerazione Undecima.
Nella composition degli enti fisici, la solidità de i materiali, e la buona unione delle parti formano la durevolezza; e nelle Società degli uomini le buone qualità di coloro, che v’entrano, e l’ecconomia mantengono la sussistenza. Quindi è che dopo d’aver dimostrato l’eccellenza dele compagnie di negozio maritime, bisogna discendere alli particolari, e considerarne la sodezza delle parti, che le compongono, e l’ecconomia che vi si pretende osservare. Il primo fondamento di ciò; si è la protezione, che di queste anno i Principi ne i loro Stati per mantenervi il commercio, ne a questo è per mancare la Republica no[91]stra Serenissima, come quella che non cede punto a qual si sia Principe di zelo e d’affetto verso de i suoi sudditi, onde navigando le armate della Compagnia sotto del nostro glorioso stendardo, non vi sarà mare, non vi sarà Provincia, dove non risuoni glorioso il nome de Genovesi. Il secondo appoggio è nella qualità delle persone alla di cui cura è commesso, perche se ha detto il Savio, che la sicurezza ritrovasi, dove son molti consigli, ogni sicurezza potremo sperar noi, per lo numero di coloro, che a questa direzione sono impiegati. Stupiva un Profeta nel veder, che sette occhi sempre aperti fissamente riguardassero una sol pietra, e gli Dottori, che spiegano tal passo communemente dicono, che significhi la Divina Providenza (dagli antichi pur anco dipintaci per un occhio in cima ad uno scetro) dimostrando, che oltre la particolare, e propria applicazione d’Iddio, v’ha di più voluto l’impiego di sette Angioli [92] chiamati Genij tutelari del mondo, il che dimostra con quanta vigilanza debbano esser le cose umane maneggiate, e che sebene la prudenza tiene il primo luogo, niuno v’ha così prudente, a cui d’aviso, o di consiglio non faccia d’uopo. Il che appunto osservasi nella constituzione di tal Società, eleggendosi dal gran numero di coloro, che la compongono, otto soggetti conosciuti per la bontà, valore, ed esperienza. Il terzo punto dell’eccellenza di questa compagnia si è la sicurezza del denaro, che ciascheduno v’impiega; E questo è il più importante, come che tocca alla sicurezza particolare, la quale rimarrà appieno sodisfatta, quando si considererà, che solo per due maniere può ritardarsi l’uso di quel denaro, che nella compagnia s’impiegasse. La prima sarebbe se una autorità suprema in un bisogno urgente dello Stato prendesse il denaro della compagnia unito, per restituirlo poi quando venisse l’occasione; la seconda per li nau[93]fragi, e Corsari del mare. Non s’ha da temere il primo, perche l’interesse principale della compagnia si è, che mai vi siano denari oziosi, ma che tutti siano impiegato [sic], riservandosi solo quello che sarò necessario per gli ordinarij esiti della medesima; Ma vi è di più che questi denari della compagnia doveranno esser riputati, come il fondamento degli utili, che mantengono la Republica, di modo, che se fuor si senno sarebbe riputato colui, che per spegnersi un giorno la sete, fosse così incauto che seccasse il fonte, nemico diretto dello Stato, e del Principe dichiarar si potrebbe chi tentasse di togliere il fondo d’un Commercio così vantaggioso. Nò nò; saranno tali denari nello Stato, come Sacri custoditi dai Direttori, e più di quello, che già facevano i Romani dell’erario loro, nel Tempio di Saturno. E ben sappiamo, che in Ispagna, Inghilterra, Olanda, Alemagna, Svezia, Danimarca, Francia, dove sono di simili compagnie con fon[94]di di denaro grandissimi, per qual si sia urgente occasione di Stato, non gli anno mai i Principi manumessi, anzi conservati con estrema circonspezione, ed aumentati al possibile, come il fondamento delle richezze, e commodità dello Stato. L’altra occasione per la quale temer si potrebbe la perdita delli denari, che si commettessero nella borsa commune della compagnia, cioè il cattivo maneggio, o naufragio, ne meno deve paventarsi; perche essendo i direttori scelte persone, e di non poco intendimento, averanno mira particolare di non esponersi più che a i guadagni, temerariamente alle perdite; Che perciò averanno cura d’intendere gli avisi delli paesi vicini, e stranieri, del buono, o cattivo credito delli mercadanti, della facilità, o difficoltà de i viaggi, delle forze, e disegni dell’inimico, osservando sopra tutto di non esporre gran valsente sovra d’un solo vascello, accioche il danno d’uno sol[93]lievisi negli utili dell’altro. Soli dunque i pericoli delle tempeste altretanto inevitabili, quanto improvisi sono da temersi, alche [sic] quando pur s’avesse mira, sarebbe troppo viltà d’animo lo ritirarsi da tale intrapresa per l’apprehensione di quelli, perche se si può temere, non si deve lasciar di sperare con lo essempio di tanti, che seguitano tal impresa, i quali in un viaggio felice anno rifatto largamente tutte le perdite trascorse, e sonosi arricchiti. La quarta maniera poi, che abbia susistenza soda la compagnia, si è, che vi siano denari, e persone destinate per trattare gli affari della stessa, mantener i privilegi, e difender gli interessi delli Partecipi in modo, che non si riceva danno. Il mancamento di questo ha non poco cooperato alla diminuzione del traffico, perche avendosi (quando si perde un vascello) a disputar in Corti straniere, mal può un solo mercadante a sue spese trasferirvisi, ed ivi trattenersi ad attenderne la spedizione, onde si risol[94]ve più tosto a perdere, che azzardare il rimanente dietro a una speranza frivola, e da nulla; Che per lo contrario ciò facendosi dalla Compagnia a spese communi, ella può, e deve in ogni luogo conservare, e difendere i suoi vantaggi, che sono assai grandi, mentre
Qui secuit primus fluitantia marmora Typhis,
Aurea promittit vellera, et astra suis.
IL FINE